“La comprensione non è altro che un insieme di fraintendimenti”
- Haruki Murakami
di Alberto Milesi
Nel 1999 Zygmunt Bauman definiva la nostra società post-moderna come liquida, caratterizzata cioè dall’indefinitezza delle cose che risultano estremamente malleabili attraverso l’intervento artificiale dell’uomo. Il noto sociologo spiega come, in seguito al secondo conflitto mondiale, ci sia stata una riorganizzazione sociale, economica, politica e anche mentale che ha visto il passaggio della società da uno stato solido a uno liquido. Attraverso questa metafora Bauman cerca di catturare il cambiamento per il quale i confini delle cose siano diventati così fluidi da rendere la realtà interpersonale e intrapersonale profondamente confusiva. Se si pensa anche all’architettura come specchio della società e dei cambiamenti che ne avvengono all’interno, è visibile agli occhi di tutti come nell’arco di soli cinquant’anni si sia passati dalle strutture brutaliste rigidamente solide, taglienti, e fredde come il cemento e il ferro che ne costituiscono l’anima, alle forme sinuose e fluide dei giorni d’oggi dei paesaggi immaginati da Calatrava o Zaha Hadid (per citarne solo alcuni). Questa trasformazione è avvenuta anche all’interno delle nostre menti, riflettendosi sulle nostre identità e di conseguenza sulle nostre relazioni. Secondo Bauman, abbiamo iniziato a vivere all’interno di un interregno, ovvero una zona liminale in cui le vecchie strutture mentali rigide e compartimentalizzate non erano più utili, ma alle quali allo stesso tempo non si è sostituito nulla che potesse permettere all’uomo di affrontare la vita quotidiana nella società. L’uomo passa così dall’essere un pellegrino verso una meta precisa, affrontando la realtà attraverso un pacchetto di idee predefinite e prepensate da qualcun altro, al trasformarsi in vagabondo senza destinazione e manchevole della possibilità di affidarsi a delle idee prestabilite per interpretare la realtà circostante. Il pregiudizio rapido e mentalmente economico con cui il pellegrino percepiva il mondo attorno diventa quindi un inceppamento nel meccanismo della mente che rende impossibile per il vagabondo comprendere la complessità della realtà odierna.
Coincidenza vuole che nello stesso anno in cui viene pubblicato “Modernità Liquida”, Haruki Murakami scrive uno dei suoi più famosi romanzi: “la ragazza dello Sputnik”. All’interno di un’atmosfera mistica, in una sorta di conversazione al confine del sogno prendendo in prestito l’espressione dallo psicoanalista Thomas Ogden, Murakami offre degli strumenti potentissimi per leggere la realtà di cui ognuno dovrebbe poter far tesoro. Con molta delicatezza l’autore giapponese attraverso le parole di uno dei personaggi spiega che: “Più o meno tutti mettono sé stessi in una struttura narrativa di qualche tipo. E naturalmente anch’io. Pensa all’albero di trasmissione di un’auto. È come una trasmissione che si interpone tra te e il duro mondo della realtà. Regola l’azione della forza che viene dall’esterno utilizzando un ingranaggio, la accetta e la trasforma con facilità. E grazie a questa funzione protegge il fragile corpo delle persone. Mi segui? Il problema più grosso è che tu non sai ancora di che racconto si tratta. Non conosci la trama, e lo stile è ancora tutto da definire. Conosci solo il nome della protagonista. E tuttavia, ciò ti sta cambiando realmente. Con un po’ più di tempo, credo che questo nuovo congegno narrativo comincerà ad ingranare in modo da proteggerti, e che tu riuscirai a vedere un mondo nuovo. Ma ancora non sei pronta. E naturalmente sei esposta al pericolo.”. In questo potentissimo estratto, Murakami esplicita come gli umani costruiscano la propria identità in maniera dinamica e in costante rimodellamento, che rimanda alla fluidità di cui nello stesso anno parlava Bauman. Inoltre, l’umano non può conoscere da subito tutto in maniera precostituita, ma al contrario col tempo sarà in grado di ingranare. Cosa però ci permette di oliare questo meccanismo? L’autore ci risponde anche su questo: le incomprensioni. Murakami (in questo e in moltissimi altri suoi romanzi) ci insegna con estrema delicatezza a vivere nell’incertezza del mondo, accompagnandoci nella comprensione delle cose che può essere raggiunta solamente attraverso l’incomprensione. Attraverso il mismatch tra un’identità e un’altra si dovrebbe poter accedere a una dimensione di confronto e riequilibrio che permette di comprendere la situazione, noi stessi e l’altro, anche grazie a un atteggiamento curioso. La curiosità e il dubbio in cui vivono costantemente i suoi personaggi diventano l’arma da impugnare per sconfiggere il pregiudizio e la rigidità del pensiero che non possono in alcun modo essere tollerati nella società di oggi. La lettura dei romanzi di Murakami permette di coltivare quel senso di temporanea astensione dal giudizio, giudizio che per economicità attacchiamo ai pensieri e ai comportamenti altrui, finendo spesso a precluderci esperienze autentiche e vitali. Il rispetto dell’individualità altrui può essere quindi raggiunto attraverso quella che alcuni autori hanno definito capacità di mentalizzazione. La suddetta abilità implica l’idea di tenere a mente che l’altro abbia propri pensieri ed emozioni che non possono essere conosciute a priori e devono essere appunto indagate con curiosità e incertezza.
Ancor di più in tempi recenti, con l’avvento della pandemia e il recentissimo scoppio della guerra in Ucraina, la società sta subendo grosse scosse che bombardano le nostre identità, le nostre modalità relazionali e le nostre menti, quasi a risultare in una società gassosa per la velocità con cui tutto muta e diventa incontenibile. Nonostante non possano in alcun modo risolvere le disastrose conseguenze che questo momento sta portando, gli insegnamenti delle letture di Murakami possono aiutarci nella vita quotidiana ad affrontare piano piano il peso delle giornate. Questo bunker dell’incertezza può offrirci momentaneamente riparo, aiutandoci a stare nell’attesa che le cose cambino, migliorino e possano essere risolte.
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