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  • Immagine del redattoreStudio I.F.P Milano

Il mutismo selettivo: un disturbo ancora poco conosciuto

di Marika Nadette Pettuzzo,

psicologa e psicoterapeuta in formazione


Ho sempre amato il deserto.

Ti siedi su una duna di sabbia.

Non vedi niente. Non senti niente.

E tuttavia qualcosa brilla in silenzio.

Antoine De Saint-Exupèry



I disturbi d’ansia rappresentano la sintomatologia psichica più comune in età evolutiva e, secondo i dati istat, il 10% degli adolescenti soddisferà i criteri per un disturbo d’ansia all’età di 18 anni.

Tra questi, il mutismo selettivo rappresenta un’incidenza ancora relativamente bassa e stime recenti indicano che il tasso di prevalenza nei bambini oscilla tra lo 0,2% e lo 0,8%, tuttavia si rileva un graduale incremento negli ultimi anni (Capozzi, Manti et al., 2012).

Ad oggi in Italia non esistono dati ufficiali aggiornati, ma si stima che al di sotto degli 8 anni di età, 1 bambino su 140 soffre di mutismo selettivo (Johnson e Wintgens, 2016) seppure sia ipotizzabile l’esistenza di un grande sommerso che non giunge all’attenzione dei servizi.

L’esordio solitamente è precoce, tra i 2 i 4 anni infatti emergono i primi sintomi quali timidezza, rifiuto di parlare in certe situazioni e comportamento riservato. Tuttavia il disturbo è riconoscibile in modo chiaro solamente quando il bambino inizia a frequentare la scuola materna o la scuola primaria, che costituiscono primi contesti al di fuori dell’ambiente familiare in cui il bambino viene a contatto (Shipon e Blum, E. (2010).

I primi studi riguardanti il MS risalgono alla fine del 1800, quando Kussmaul parlava di afasia volontaria, definizione scelta per scrivere una situazione clinica dove si riteneva che la persona non parlasse per sua espressa volontà. Nel 1934 Tramer introduce il termine mutismo elettivo, sottolineando ancora una volta la scelta deliberata del bambino che, pur sapendo parlare, rimaneva in silenzio. Fino agli anni ’90 la comunità scientifica è rimasta nell’erronea convinzione che il disturbo fosse di origine intenzionale, limitandone la risoluzione e la cura. Dal 1994 viene modificata la definizione del disturbo in mutismo selettivo, inserito nel DSM 4 (Manuale Diagnostico e Statistico sui disturbi mentali) e classificato tra gli altri disturbi dell’infanzia, della fanciullezza e dell’adolescenza. In questo periodo, per la prima volta, viene descritto un preciso aspetto di alcuni bambini che utilizzano il linguaggio quasi esclusivamente nello stretto ambito familiare.

Ma solo nel 2013 avviene la vera rivoluzione; con la pubblicazione del DSM 5 il mutismo selettivo viene per la prima volta classificato tra i “disturbi d’ansia”, a chiarire che non è un disturbo che riguarda esclusivamente bambini e adolescenti, ma anche gli adulti.

Il mutismo selettivo diventa quindi un disturbo caratterizzato da un forte stato ansia che interrompe la comunicazione verbale in alcuni ambienti, situazioni e con certi interlocutori; non si tratta di un atteggiamento di rifiuto/sfida poiché nelle circostanze in cui l’ansia non è elevata, i soggetti parlano normalmente. Per alcuni questo significa inibire la parola con le persone estranee e poco familiari, ma per altri può valere esattamente il contrario, ovvero non esporsi in luoghi noti.


I criteri diagnostici per riconoscere il MS sono:

1. Costante incapacità di parlare in situazioni sociali specifiche, in cui ci si aspetta che si parli;

2. La condizione interferisce con i risultati scolastici o lavorativi;

3. La durata è di almeno un mese (non limitato al primo mese di scuola);

4. L’incapacità di parlare non è legata al fatto che non si è a proprio agio con il tipo di linguaggio richiesto o con la situazione sociale;

5. La situazione non è meglio spiegata da un disturbo della comunicazione e non si manifesta esclusivamente durante il decorso di disturbi dello spettro autistico o psicotici.


Questa nuova prospettiva permette dunque di allargare il focus dell’intervento dal singolo al contesto e, nel caso dei bambini, promuovere un lavoro di rete che vede coinvolta la famiglia e le istituzioni frequentate, come quella scolastica (Iacchia e Ancarai, 2018). A questo proposito può essere d’aiuto stendere un piano didattico personalizzato (PDP) ricorrendo alla direttiva ministeriale 27 dicembre 2012 (strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali) che consente di attuare interventi mirati per situazioni che non richiedono necessariamente un insegnante di sostegno. In tal caso la relazione diagnostica può essere redatta sia dal professionista della struttura pubblica che dal professionista privato.

Il mutismo selettivo si associa a un’organizzazione di personalità ansiosa (Johnson e Wintgens) e se da un lato c’è la volontà di uscire dal silenzio, dall’altro vi è un grande timore a farlo a causa di sentimenti legati alla bassa autostima e al timore del giudizio altrui. La conseguenza diretta nel comportamento è l’evitamento di situazioni che generano ansia, talvolta accompagnato da somatizzazioni (mal di testa, mal di pancia, nausea) e isolamento sociale.

Più queste forme di evitamento funzionano come soluzione alle situazioni che generano stress, più lo schema comportamentale si rinforza e si irrigidisce, divenendo la sola ed unica modalità conosciuta e attuata per fronteggiare emozioni percepite come soverchianti.

È quindi evidente quanto l’intervento terapeutico precoce sia fondamentale per curare il disturbo d’ansia sottostante la selettività del silenzio ma anche per modificare le credenze e i comportamenti inefficaci che si strutturano attorno ad esso.

Per quanto riguarda l’eziologia, non è stata identificata alcuna causa primaria ma si sostiene che esso, al pari di altri disturbi, sia esito di una combinazione di fattori temperamentali, ereditari ed ambientali (Fascione e Stasolla, 2013). Talvolta possono verificarsi fattori precipitanti che, per la portata emotiva della situazione, conclamano la sintomatologia. Nei bambini spesso il mutismo selettivo si manifesta nei passaggi dei cicli scolastici che prevedono un processo di separazione da un ambiente familiare a uno nuovo e sconosciuto. Tale meccanismo potrebbe ricalcare dinamiche familiari profonde che riconducono alla prima infanzia e che per tali ragioni vanno esplorate e approfondite insieme alla coppia genitoriale imprescindibilmente coinvolta nel percorso terapeutico di cura.

Pertanto nella fase iniziale di consultazione è molto importante ripercorrere insieme ai genitori i primi anni di vita e lo sviluppo delle principali tappe evolutive per comprendere eventuali segnali di allarme già presenti nella prima infanzia e individuare i possibili fattori di comorbilità. Il contesto di valutazione per un bambino con mutismo selettivo può rappresentare uno stimolo fortemente ansiogeno e il terapeuta deve quindi tenere in considerazione che al pari di altri coetanei potrebbe aver bisogno di più tempo per adattarsi e sentirsi a suo agio. Si tratta di bambini molto esitanti e in grande difficoltà rispetto alla possibilità di prendere un’iniziativa pertanto, almeno in una prima fase, è necessario abbandonare l’idea di una consultazione classica e lasciare il più possibile spazio all’espressione spontanea o guidata attraverso disegni e giochi, con l’obiettivo di creare un clima di accoglienza e fiducia all’interno del quale possano gradualmente imparare a esprimere i propri vissuti emotivi.

Nel frattempo i genitori possono già fare molto; comprendere e accettare il disturbo, evitando di focalizzare l’attenzione sulla mancanza della parola permette al bambino di abbassare il livello di stress e di sentirsi maggiormente compreso dalle proprie figure di riferimento. I genitori possono aiutare i loro figli anche incoraggiando le interazioni sociali e organizzando incontri/uscite con amici e compagni di scuola con cui il figlio intrattiene buoni rapporti.

Anche il coinvolgimento delle insegnanti può costituire un importante fonte di supporto: comprendendo che non si tratta di un atteggiamento di sfida, possono accogliere le difficoltà dell’alunno trovando strategie alternative alla comunicazione verbale e facilitare le interazioni tra i pari.



Bibliografia essenziale


Capozzi, F., Manti, F., Sirchia, V., Piperno, F. (2012). Il mutismo selettivo. Fioriti Giovanni Editore.

Fascione, M. S., Stasolla, F. (2013). Il mutismo selettivo. Libellula Edizione. (E-Book)

Iacchia E., Ancarani P. (2018), Momentaneamente silenziosi: guida per operatori insegnani e genitori di bambini e ragazzi con mutismo selettivo. Francoangeli, Milano.

Johnson M., Wintgens A. (2016), The selective Mutism Resource Manual 2 ed. Speechmark Publishing London, n. 36.

Shipon-Blum, E. (2010). Comprendere il mutismo selettivo. Guida per genitori, insegnanti, terapeuti. La Meridiana.

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