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Immagine del redattoreStudio I.F.P Milano

COME EVITARE IL BURNOUT GENITORIALE IN PANDEMIA - COME SCUSARSI CON I PROPRI FIGLI

HOW TO AVOID PANDEMIC PARENTING BURNOUT

METRO – BY NATALIE MORRIS – FEB. 18 2021


HOW TO APOLOGIZE TO YOUR KIDS

THE NEW YORK TIMES – BY JESSICA GROSE – MAR, 10 2021


Le numerose restrizioni imposte per contrastare lo sviluppo e la diffusione della pandemia hanno generato ripercussioni sia a livello logistico, determinando la perdita di alcuni supporti imprescindibili per la gestione dei figli e della casa (come la scuola, i nonni e i servizi di cura), che a livello psicologico, come evidenzia l’articolo “How to avoid pandemic parenting burnout” (“Come evitare il burnout genitoriale in pandemia”) pubblicato il 18 febbraio 2021 sul quotidiano Metro.

Con lo scorrere dei mesi i genitori si sono ritrovati a sperimentare una profonda e crescente condizione di stress: il 32% degli intervistati ha dichiarato di dover dare priorità ai bisogni degli altri, il 28% ha riferito l’impossibilità di prendersi del tempo per sé, il 22% ha affermato che ritagliarsi del tempo per sé comporterebbe un ulteriore aumento di stress e di preoccupazione, e il 18% ha dichiarato addirittura di saltare i pasti.

Allo stesso modo, anche l’articolo “How to apologize to your kids” (“Come scusarsi con i propri figli”), pubblicato il 10 marzo 2021 su The New York Times, sottolinea come la pandemia abbia esacerbato alcuni fattori di stress per le figure genitoriali, sia dal punto di vista economico che emotivo.

A partire da tali evidenze, i ricercatori e gli studiosi hanno ben evidenziato il rischio cui numerosi genitori in tempo di pandemia vanno incontro, coniando il termine “pandemic parenting burnout” ovvero una sindrome da esaurimento, traducibile in una condizione di costante stanchezza e conseguente riduzione di energie, perdita di fiducia nelle proprie capacità genitoriali e vero e proprio distacco emotivo nei confronti dei figli. Per scongiurare la possibilità di ricadere in un simile pericolo, l’articolo di Metro riprende le parole della dottoressa Emma Hepburn, psicologa clinica, sottolineando l’importanza di trovare dei piccoli momenti per sé – i cosiddetti micro-momenti – ovvero trovare degli spazi di tempo per sé nel corso della giornata; per quanto piccoli, infatti, tali momenti sono cruciali per recuperare una condizione di benessere sia fisico che mentale. Come aggiunge Stacey Solomon, ospite di Loose Women, prendersi del tempo per la cura di sé non è un’azione egoista; il tempo per sé, riprende Hepburn, non è da considerarsi come ricompensa ma come necessità. Inoltre, prendersi cura anche di sé e dei propri bisogni, e non solo di quelli altrui, riduce lo stress e aumenta sia il benessere che la resilienza necessari ad affrontare il compito genitoriale. “Non solo, – continua Hepburn - prendersi cura dei propri bisogni aumenta anche le capacità emotive e cognitive, il che permette di «avere più spazio cerebrale» per soddisfare i bisogni altrui”.

L’articolo della Morris fornisce poi una serie di suggerimenti utili per far fronte alle difficoltà che possono emergere durante il periodo di lockdown, come essere più flessibili sulle regole e concentrarsi sul qui ed ora, ma anche ammettere con sincerità di aver bisogno di aiuto e di supporto; infatti, esprimere liberamente le proprie difficoltà e le proprie preoccupazioni può aiutare a rielaborare le emozioni negative e a trovare gli strumenti utili per far fronte alle sfide. Inoltre, come afferma Jennie Hudson, docente di psicologia clinica presso l’Università del New South Wales in Australia nell’articolo pubblicato su The New York Times, “c’è come l’implicita convinzione che i bambini debbano essere protetti da qualsiasi tipo di emozione negativa ma questa è un tipo di positività tossica. L’essere umano vive un’ampia serie di emozioni che includono anche la frustrazione, l’ansia e la preoccupazione”.

Sulle pagine de The New York Times, la dottoressa Pooja Lakshmin, docente presso la George Washington University School of Medicine, ribadisce come sia del tutto normale per un genitore, specialmente in una condizione di forte stress e preoccupazione, perdere la pazienza. Vi è ovviamente una chiara differenza con le condizioni di abuso emotivo (frequenti e costanti critiche rivolte ai propri bambini e/o deprivazione affettiva e di contatto) o di violenza fisica; ma che “tutti i genitori si arrabbiano con i propri figli” è un dato di fatto e farlo di tanto in tanto non qualifica un genitore come cattivo. Se spazientirsi con i propri figli, infatti, non è considerato un gesto condannabile a priori e, a partire dall’idea per cui i bambini apprendono norme di comportamento e di condotta anche – e soprattutto – da coloro che li circondano, ciò che fa davvero la differenza sono le azioni agite dal genitore dopo tali episodi.

La dottoressa Hudson evidenzia, innanzitutto, l’importanza di riconoscere il proprio errore: “chiedere scusa ai propri bambini e spiegare loro quali sono state le ragioni che ci hanno condotto ad avere una reazione tanto brusca, utilizzando un linguaggio accessibile e comprensibile, può essere considerata un’importantissima occasione di apprendimento per i più piccoli”. A ciò si aggiungono le parole della psichiatra Alexandra Sacks secondo la quale, nei momenti di particolare sconforto, è fondamentale prendersi del tempo per sé per riflettere su quali possano essere i bisogni e le esigenze di un individuo in via di sviluppo: per un bambino infatti, può essere molto difficile comprendere che una porta chiusa rappresenta un chiaro invito a non entrare, specialmente se dall’altra parte si trova l’allettante presenza della sua mamma o del suo papà. In questi casi l’utilizzo di segnali colorati appesi alla porta può essere utile a sottolineare la necessità dei genitori di non essere disturbati in quel momento; allo stesso modo, dato che lo stesso concetto di tempo per i bambini può essere del tutto astratto, la dottoressa Alexa Mieses Malchuk, medico di famiglia e docente presso la University of North Carolina School of Medicine, suggerisce come l’utilizzo di orologi possa aiutare a scandire i momenti della giornata; così come l’impostazione di un timer (ad esempio 30 minuti da dover attendere prima di poter entrare nella stanza del genitore) può rivelarsi utile per, non essere continuamente interrotti per motivi poco importanti.

In conclusione, la dottoressa Sacks ribadisce l’importanza di chiedere aiuto per la cura dei propri figli o di richiedere un supporto psicologico per sé laddove i sentimenti negativi sperimentati dovessero essere tanto frequenti e invalidanti da tradursi in una costante sensazione di irritabilità nei confronti dei propri bambini.



Traduzione e commento di Giulia Romano e Laura Zibra

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