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Immagine del redattoreStudio I.F.P Milano

Costituzione e salute psicologica: riflessione aperta sulla pandemia

di Silvia Valadè


Durante un'intervista del 25 maggio per La7 la Ministra dell’Istruzione Azzolina è tornata sul tema Cittadinanza e Costituzione, chiarendo che vorrebbe che gli insegnanti, durante questa fase del colloquio, per la prima volta inserita quest’anno, chiedessero agli studenti "come hanno vissuto questo periodo".


Ottima domanda. Come abbiamo vissuto questo periodo?


L’esperienza della pandemia è entrata nella nostra storia e nei nostri ricordi. Ancora troppo vicina per essere risignificata, attende come altre nostre memorie di trovare un posto sulle e nelle nostre tracce mnestiche.

Lo stato emergenziale ha in poco tempo stravolto e poi reso impossibile abbandonarci alla ritualità famigliare del nostro quotidiano.

I piccoli gesti abitudini e azioni che ci accompagnano nella gestione ordinaria delle nostre vite e che ci rassicurano sono divenuti straordinari.

Questi ultimi mesi, a partire dal 6 marzo, hanno visto modificarsi stili di vita e abitudini a causa dello stato di emergenza, i colloqui sono diventati online, le lezioni sono divenute dad (didattica a distanza), andare dal parrucchiere è divenuto complesso e volare a tratti impossibile.

Le limitazioni imposteci fanno da substrato a diverse riflessioni possibili, e a tratti doverose, in tema di cittadinanza e costituzione.


Se pensiamo agli stravolgimenti avvenuti nel corso di quest’ultimo trimestre, si è assistito via via alla limitazione del diritto al lavoro (artt. 4, 35 e ss. Cost), alla limitazione della libertà di culto religioso (art. 19), alla limitazione della libera circolazione sul territorio dello Stato (art. 16), alla limitazione del diritto di riunirsi in pubblico e di manifestare e delle attività sindacali (art. 17 e 39), alla limitazione del diritto di agire e difendersi in giudizio (art. 24), alla limitazione del diritto a sposarsi e creare una famiglia (art. 29), alla limitazione dei diritti all’istruzione (art. 33 e 34), alla limitazione del diritto di sciopero (art. 40), alle limitazioni della libera iniziativa economica (art. 41) e alle restrizioni del diritto di proprietà (art. 42 e ss.) ed infine alle limitazioni del diritto di voto (art. 48 e ss.).


Una tale quantità di compressione di diritti e libertà fondamentali non ha precedenti nella storia repubblicana. Bisogna risalire indietro nel tempo all’epoca della dittatura fascista, prima, e delle leggi marziali durante la Seconda Guerra mondiale, poi.


La riflessione non può esimersi da uno sguardo approfondito al tema della tutela del diritto alla salute che, in ragione dei numeri cui abbiamo assistito durante questa epidemia, equivale alla tutela della vita stessa, davanti alla quale tutti gli altri diritti fondamentali cedono il passo, secondo le regole costituzionali, in presenza di taluni presupposti, quali la riserva di legge, la natura temporanea ed eccezionale della minaccia e l’individuazione di un perimetro oggettivo e soggettivo molto ristretto per poter compiere la compressione di uno o più diritti e libertà a vantaggio di un altro.


In particolare, potrebbe essere stimolante una riflessione sul ruolo fondamentale della psicologia e quindi dello psicologo nella tutela della salute, nell’accezione intesa dall’OMS come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”: le ricerche hanno dimostrato che, accanto a bisogni di salute di carattere fisico, la presenza e la soddisfazione dei bisogni psicologici risultano altrettanto importanti e fondamentali per la salute psico-fisica degli individui. La letteratura, inoltre, dimostra che la maggior parte delle persone affette da disagi fisici, in fase iniziale, chiede aiuto al proprio medico di famiglia, e almeno il 50% di dette richieste esprime un disagio psicologico-relazionale.


E' rilevante il fatto che fornire una risposta più appropriata ai bisogni e problemi produce risparmi effettivi perché gli interventi risultano più efficaci ed efficienti; la sola medicalizzazione o la non risposta a problemi a forte componente psicologica produce un incremento dei costi sanitari e sociali, come acclarato da molti studi; al contrario, una risposta pertinente, integrata e tempestiva risulta fortemente virtuosa dal punto di vista economico ed in grado di produrre risparmi effettivi, aumentando la sostenibilità del Sistema.


Resta invece aperto un nodo più difficile da sciogliere, cioè quello etico.


Mentre il diritto vive di interpretazioni e bilanciamento continuo di interessi, libertà e diritti a volte in conflitto tra loro, l’etica ha un carattere di maggiore assolutezza, in quanto il parametro unico di valutazione è solo il rispetto integrale della dignità dell’uomo. Non a caso l’etica detesta la discriminazione, la stigmatizzazione, la ghettizzazione, l’emarginazione, utilizzando criteri ora giuridici ora sociologici e filosofici. La valutazione etica si intreccia e si nutre di elementi di fatto e di diritto, ma tiene sempre fermi i principi di non discriminazione ed il rischio di stigmatizzazione sociale, dietro ogni progetto di ricerca che viene valutato.


D’altronde, non dobbiamo mai dimenticare l’insegnamento che ci ha lasciato al riguardo Stefano Rodotà che sovente amava ripetere che “non tutto ciò che è tecnologicamente possibile è anche socialmente desiderabile, eticamente accettabile e giuridicamente legittimo”.

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