di Riccardo Pardini
Dopo innumerevoli dibattiti, riflessioni e richieste sovrannazionali, la riforma del processo civile è stata affidata al Governo con una Legge delega approvata il 25 novembre dello scorso anno e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 24 dicembre 2021. Nello specifico intendiamo la L. n. 206/2021. In questo momento dunque, il governo stesso si trova nella delicata fase di elaborazione/emanazione dei decreti attuativi per l’emanazione dei quale ha tempo un anno.
Non tutte le novità introdotte con questa norma hanno incontrato il favore dell’opinione collettiva, fatta non solo di liberi cittadini ma anche da tecnici, giuristi, professionisti del settore, magistrati.
Molte perplessità ha destato, ad esempio, l’istituzione tramite apposito maxi-emendamento, del cosiddetto Tribunale per le Persone, per i Minorenni e per le Famiglie. Un organo nuovo, monocratico, articolato secondo specifiche procedure e funzioni dell'autorità giudiziaria. Fin dall'inizio, l'istituzione di un Tribunale unico che si occupi di una materia così delicata e vicina alle persone ha paventato il rischio che si perda la storica esperienza e il denso expertise multidisciplinare, in questo caso in ambito civile, tipico dei tribunali per i minorenni. Tale apporto è stato fin dall’inizio una delle ratio che ne hanno guidato l’istituzione secondo la quale è prevista, fin dal regio decreto Legislativo 20 luglio 1934 n. 1404, la presenza di giudici onorari cultori di precise materie (biologia, antropologia criminale, psicologia, pedagogia e sociologia) stante la complessità e la delicatezza delle vicende trattate in tale contesto, sottoposte ad un collegio di giudici che ha il compito di assumere decisioni che coniughino il sapere tipico del diritto a quello scienze umane.
In vero però, per quanto riguarda altri aspetti di riforma del processo civile, la L. 206/2021 riprende e valorizza alcune direttici importanti per quanti attraversino un contenzioso familiare.
In linea con alcune passate Raccomandazioni, Circolari e Direttive sovrannazionali ed Europee, ad esempio, illumina ed enfatizza la possibilità di degiurisdizionalizzare (e depatologizzare) il conflitto separativo, assegnando anzitutto alle persone la possibilità di percorrere la via stragiudiziale. L’opportunità cioè di elaborare una composizione del contenzioso separativo, ragionata in prima persona dai protagonisti stessi; lontano dalle aule del giudizio e dai meccanisti congestionati di “delega al terzo” affinché decida in merito ad una materia così delicata tipicamente collegata ad affetti, legami, emozioni, vissuti e ovviamente diritti e doveri. In sintesi, è contenuta generalmente nella L. 206/2021 anche la preziosa filosofia di fondo orientata a restituire ai soggetti la possibilità di occuparsi direttamente, in prima persona, del proprio conflitto senza adire necessariamente l’Autorità giudiziaria competente o comunque contenendo il contenzioso magari governando e risolvendo il conflitto in maniera progressivamente consensuale.
Nel dettaglio:
La Legge “Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (ADR) e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata” riprende e implementa la possibilità di avvalersi delle cosiddette pratiche di ADR - Alternative Dispute Resolution (Risoluzione alternativa delle controversie). Una serie di strumenti alternativi al contenzioso giudiziario che aprono alla possibilità di ragionare una soluzione rapida, semplice ed extragiudiziale alle controversie tra persone o soggetti giuridici. Dunque, tecniche e interventi utili alla soluzione di controversie di tipo legale attinenti a diritti disponibili e alternative rispetto al giudizio “amministrato”[1].
Un particolare posto, in questo caso, è occupato dalla Mediazione Familiare, un intervento specifico e specialistico diffuso sul territorio nazionale ormai da un trentennio.
La crisi familiare e coniugale, come evento trasformativo che interviene sul ciclo di vita, è da decenni una realtà in crescente rilevanza in termini quantitativi quanto qualitativi. Il riconoscimento della sua complessità è inscindibile dal suo stesso riconoscimento in termini di processo sociale multidimensionale e costituisce la base fondante dei criteri che guidano il lavoro dei professionisti chiamati ad intervenire. Molteplici le prospettive interconnesse: giuridica, pedagogica, psicologica, antropologica, sociologica.
La separazione in sé rappresenta un evento critico che demarca un confine trasformativo tra “prima” e dopo” nella biografia di persone e famiglie. Essa stessa introduce un cambiamento fondamentale nell’organizzazione delle relazioni interpersonali in termini di legami affettivi, trasformando i compiti di cura tipici della nostra cultura.
Lavorare allo scioglimento del legame tra partner, tenendo ben saldo il nodo genitoriale, significa anzitutto considerare che i protagonisti si trovino in una fase acuta; in quel difficoltoso frangente temporale in cui emerge consapevolmente la realtà della fine di un rapporto. Un momento particolare che rende inevitabilmente critica la percezione del senso di identità personale, coniugale e gruppale e dunque corredato molto spesso da vissuti emotivi particolarmente densi, polarizzati, acuti appunto.
Come già accennato sopra, non possiamo peraltro dimenticare come su di essa influiscano sia la cultura di appartenenza sia le attribuzioni socio-culturali che riverberano sul contesto di riferimento, influendo sui meccanismi tipici con i quali la separazione si dipana nel tempo. Queste influenze finiscono per porre le condizioni di un certo “affollamento” della scena separativa moltiplicandone attori e azioni, includendo servizi, consulenti, periti e processi magari non necessari finendo soprattutto per intensificare il meccanismo della delega agli altri.
In sé, l’intervento di mediazione familiare è un percorso articolato in più fasi attraverso le quali i genitori, alle prese con la crisi separativa, sono aiutati a parlarsi e comunicare per individuare soluzioni e intese nell’interesse proprio e dei loro figli.
La Norma Tecnica Nazionale UNI 11644, validata il 30.4.2016, definisce in modo adeguato ed univoco i riferimenti della figura professionale di mediatore familiare sul territorio nazionale italiano e in riferimento alla Comunità Europea [2] rendendo omogenei i programmi di formazione con la finalità di assicurare qualità delle prestazioni e tutela delle persone che incontrano un mediatore professionista.
In questo senso, nella L. 206/2021 alcuni punti esprimono chiaramente la direzione intesa dal legislatore in merito.
Nel dettaglio:
Art 1 c. 23 - lettera n)
- Ad esclusione delle fattispecie in cui siano allegate violenze di genere o domestiche, secondo quanto previsto dalla citata Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica [3], invitare le parti ad esperire un tentativo di mediazione familiare; in caso di rifiuto di una delle parti, il giudice pronuncia i provvedimenti temporanei ed urgenti;
Art. 1 c.23 lettera o)
- prevedere che l’attività professionale del mediatore familiare, la sua formazione, le regole deontologiche e le tariffe applicabili siano regolate secondo quanto (già) previsto dalla legge 14 gennaio 2013, n. 4 [4];
Art. 1 c.23 lettera p)
- prevedere l’istituzione, presso ciascun tribunale, di un elenco dei mediatori familiari iscritti presso le associazioni del settore, secondo quanto disciplinato dalla legge 14 gennaio 2013, n. 4, con possibilità per le parti di scegliere il mediatore tra quelli iscritti in tale elenco; prevedere che i mediatori familiari siano dotati di adeguata formazione e specifiche competenze nella disciplina giuridica della famiglia, nonché in materia di tutela dei minori e di violenza contro le donne e di violenza domestica, e che i mediatori abbiano l’obbligo di interrompere la loro opera nel caso in cui emerga qualsiasi forma di violenza;
Dopo tempo e diversi tentativi passati, una direzione chiara che sostiene i genitori nella scelta di una potente possibile alternativa, un’opportunità efficace affinché la responsabilità decisoria connessa alla trasformazione, alla cura dei figli e alla costruzione di una biografia familiare futura, non venga assegnata ad altri, a terzi, affinché decidano per noi e su di noi (laddove non fosse davvero necessario). Un elemento importante se immaginiamo che, nella nostra cultura, la scelta libera di unirsi debba godere della medesima dignità del lasciarsi, anche attraverso percorsi offerti da professionisti qualificati che esercitano la professione provenendo da formazioni di qualità, facenti capo a Organizzazioni di professionisti riconosciute e accreditate secondo le Norme esistenti in materia.
A garanzia delle persone e della possibilità che una crisi possa trasformarsi (e trasformare) in un’esperienza di apprendimento, a sostegno della possibilità di rispondere ai bisogni infantili senza abdicare al proprio ruolo di adulti.
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