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  • Immagine del redattoreStudio I.F.P Milano

Per i genitori, dire di no è un atto di cura verso sé stessi

Alle prese con il burnout genitoriale? Usa la parola magica


Saying ‘No’ Is Self-Care for Parents - Facing parental burnout? Use the magic word

THE NEW YORK TIMES - By Pooja Lakshmin - April 16, 2020


Mentre si scambiano storie sulla scuola, sui problemi dei figli e sull’agenda sempre piena, di questi tempi c’è una domanda che i genitori si potrebbero porre l'un l'altro: "Ti stai prendendo cura di te stesso?".

La cura di sé è diventata una panacea per una cultura come quella occidentale, esausta e maniaca del lavoro. E se c'è un lavoro che rende costantemente stanchi, è proprio quello del genitore. Ma come ci si può prendere cura di sé quando, in più della metà delle coppie sposate con figli, entrambi i genitori lavorano a tempo pieno, e le madri non solo trascorrono più tempo al lavoro, ma anche più tempo a prendersi cura dei propri bambini?

L’immagine della cura di sé che oggi ci viene proposta in modo prevalente è quella delle applicazioni, che ormai consentono di fare tutto, in qualsiasi momento e in qualunque luogo ci si trovi: meditare, fare yoga o allenarsi nel salotto di casa. Con il benessere a portata di un clic, si ha la costante sensazione che se ti senti esausto significa che non ti stai sufficientemente prendendo cura di te stesso. E questo non fa altro che generare maggiore stress e senso di colpa.

Per un genitore, un approccio sano alla cura di sé non dovrebbe significare allungare la lista delle attività da fare in famiglia, ma la possibilità di decidere cosa fare e cosa non fare, stabilendo dei limiti. L’autrice dell’articolo, Pooja Lakshmin, psichiatra specializzata in salute mentale femminile e psichiatria perinatale, si occupa in particolare di neomamme che soffrono di depressione post-partum e disturbi ansiosi. Nel suo lavoro, sempre più spesso, incontra madri che riferiscono di provare una pressione schiacciante, non solo rispetto al fatto di sentirsi all'altezza delle elevatissime aspettative sulla maternità, ma anche rispetto alla possibilità di adempiere all’obbligo del prendersi cura di sé in modo performante. Prendersi cura di sé, infatti, oggi non significa rinunciare a degli impegni per prendersi del tempo libero per sé stessi, ma aggiungere ad una lista già molto lunga altre attività per coltivare il proprio benessere; in poche parole, ci si aspetta che un adulto già esausto faccia ancora di più.

La richiesta rivolta ai genitori di proteggere, educare e, allo stesso tempo, intrattenere i propri figli è aumentata enormemente negli ultimi 50 anni. Secondo l'American Academy of Pediatrics, oggi il lavoro dei genitori richiede molto più tempo ed energie; lo stile genitoriale predominante attualmente è infatti quello della “genitorialità intensiva”, che consiste in un modello “sempre più centrato sul bambino, affidato agli esperti, emotivamente assorbente e finanziariamente costoso”. Ci si aspetta che i genitori dedichino moltissimo tempo ai propri figli, seguendoli nei compiti, accompagnandoli alle attività extra scolastiche e organizzando tutto il loro tempo libero. Questo modello si basa su una forma di determinismo parentale, ovvero l’idea che ciò che un genitore fa o non fa per il figlio nei primi anni di vita abbia delle conseguenze a lungo termine di cui i genitori sono responsabili. Per questo, anche se conciliare tutte queste richieste può rivelarsi difficile, siamo indotti a pensare di potercela e dovercela fare, per il bene dei nostri figli. È difficile combinare queste pressioni con la possibilità di stabilire dei confini sani; nel caso specifico di genitori con problemi di salute mentale, l'idea di dire di no è vissuta come insostenibile, perché porta a dover gestire sentimenti spiacevoli come incertezza, senso di colpa e paura di non fare abbastanza. Ma, per usare una metafora, dire di no è come far crescere un nuovo muscolo: inizialmente può essere faticoso, ma più ci si allena, più diventa facile.

Imparare a stabilire dei confini funzionali nelle relazioni è fondamentale perché ci si possa prendere cura dei propri bisogni e, di conseguenza, anche di quelli dell’altro. Da genitori, prendersi cura di sé non significa necessariamente trovare altro spazio nell’agenda già piena: a volte, basta accorciare la lista delle cose da fare in famiglia e stabilire dei limiti.

La scelta di questo articolo appare ancora più attuale in epoca pandemica dove la già citata lista si è allungata e lo spazio tra noi e i nostri figli accorciato (dad, quarantene, malattie).

A maggior ragione ricordare la sempre valida regola del prediligere la qualità alla quantità torna sempre utile. riteniamo sia importante non scambiare questo concetto per una banalità da poco e poco concretizzabile; le memorie esplicite della nostra infanzia sono fatte di frammenti di episodi ma anche della sensazione che i nostri genitori si godevano il tempo con noi condiviso.



Traduzione e commento di Marlene de Fabritiis

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