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  • Immagine del redattoreStudio I.F.P Milano

TRIBUNALE DELLA FAMIGLIA

di Silvia Valadè


Il Senato ha dato il via alla riforma del processo civile: attraverso un maxiemendamento è stata sancita la nascita del nuovo Tribunale per le Persone, per i Minorenni e per le Famiglie.

Una Procura specializzata svolgerà le medesime attività della Procura minorile attuale, in aggiunta al ruolo di Pubblico Ministero nelle separazioni e nei divorzi, a tutela dell’interesse del minore.

La ratio sembra quella, condivisibile, di ottenere un Tribunale unico. Ma si riuscirà a salvaguardare l’esperienza poliedrica e multidisciplinare dei Tribunali per i Minorenni?

La peculiarità dei Tribunale per i Minorenni, dalla loro nascita, è stata la composizione multidisciplinare, prevista sin dalla loro istituzione con Regio Decreto Legislativo 20 luglio 1934 n. 1404, inclusiva della presenza di giudici onorari “cultori” di altri rami del sapere. Le situazioni trattate, complesse e delicate, sono sottoposte a un collegio formato da quattro individualità: due giudici togati e due onorari, un uomo e una donna, esperti della materia (psicologi, pedagogisti, neuropsichiatri infantili), dando così la possibilità di giungere a decisioni che intrecciano il sapere del diritto con quello della medicina delle scienze umane e della psicologia.

Quando la riforma sarà a regime, ai giudici monocratici delle sezioni circondariali sarà chiesto di valutare situazioni di estrema delicatezza e complessità.

Come il decadimento della responsabilità genitoriale, l’allontanamento di un minore della sua famiglia, l’interdizione nell’ultimo anno prima del compimento della maggiore età.

Dovranno, inoltre, pronunciarsi in merito ad altri punti cruciali, come le adozioni nazionali e internazionali, il diritto a conoscere le proprie origini, le autorizzazioni ai familiari privi di permesso di soggiorno a entrare in Italia o a permanervi per assistere il minore.

Si è davvero tenuto conto della specificità in questa riforma? Preme sottolineare la preoccupazione per una riforma che, così come ora è presentata, rischia di eliminare un sapere specifico creato in decenni di lavoro, mettendo a confronto linguaggi differenti in un’ottica virtuosa ed efficace.

Verrebbe meno, infatti, il fondamentale contributo degli esperti nel prendere decisioni, con l’inevitabile conseguenza della perdita di specializzazione e dispersione delle competenze.

Si ritiene irrinunciabile, infatti, anche in linea con le raccomandazioni europee, l’esperienza di tutti gli operatori con diversi saperi come garanzia per l’attuazione effettiva del principio fondamentale di tutela e promozione dell’infanzia e dell’adolescenza.

Chi meglio degli psicologi può contribuire all’interno di un collegio ad intrecciare con il diritto il sapere psicologico, l’ottica diagnostica e prognostica, la specificità clinica dell’agire di minori coinvolti o interessati da procedimenti che accompagneranno la loro crescita, siano essi civili o penali?

Ed anche sostenere una lettura dinamica e pluri-sfaccettata dei funzionamenti familiari, delle dinamiche di gruppo, dello sviluppo e del funzionamento generale dell’essere umano, muovendosi sul continuum tra normalità e patologia, nell’ascolto dei minorenni, nel supportare la comprensione dei meccanismi che spingono al crimine, così come nella costruzione dei progetti rieducativi e di supporto, uno tra tutti la messa alla prova.

Il principio che orienta questa riflessione è quello del superiore interesse del minore che riconosce ai minori diritti propri ed insieme costituisce una clausola generale predisposta al fine di consentire la valutazione concreta delle peculiarità della situazione sottoposta al suo esame affinché adotti la decisione che a suo giudizio realizzi il miglior interesse del minore.

L’art. 3 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC) sancisce il principio del superiore interesse del minore, ovvero dispone che in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l’interesse del bambino/adolescente deve avere una considerazione preminente. Chi deve assumere una decisione che riguarda la vita di un bambino/adolescente è quindi chiamato ad ascoltare e a prendere in considerazione l’opinione dei minori rispetto ai temi che li riguardano.

Il Comitato ONU nel 2013 ha adottato il Commento generale n.14 al fine di confermare il principio del superiore interesse del minore come elemento portante del sistema giuridico rappresentato dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Ed infine nelle Osservazioni Conclusive del 2019, lo stesso Comitato ONU ha raccomandato all’Italia di:

  1. rafforzare il proprio impegno per garantire un’adeguata attuazione del principio in tutti i procedimenti e le decisioni legislative, amministrative e giudiziarie, così come in tutte le politiche, i programmi e i progetti che siano rilevanti e che abbiano un impatto sui minorenni.

  2. sviluppare procedure e criteri per consentire a tutti i professionisti di determinare quale sia il superiore interesse del minore, al fine di riconoscergli il dovuto peso come considerazione prioritaria.

Forti di queste riflessioni, è inevitabile una forte perplessità relativa al ridimensionamento dei giudici onorari psicologi, i quali saranno coinvolti in un numero sempre più esiguo di casi, perdendo quella ricchezza interdisciplinare finalizzata all’interesse dei minori che è sempre stata elemento fondamentale e fiore all’occhiello dei Tribunali per i Minorenni.

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